IRRESPONSABILI.

GLI IRRESPONSABILI

TRIESTE. 18 giugno 2011. Era da due anni che non mi recavo alla Stazione Centrale dei treni di Trieste. Con riluttanza ho imboccato il sottopasso di Piazza Libertà per i pedoni.

E come avevo temuto era uno schifo, un indegno sporco degrado, con tanto di telecamere che immortalano sporcizia, imbrattamenti e immondizie. Una puzza soffocante di piscio non si sa se umano o canino con strane strisce scure sulle piastrelle.

Il primo pensiero che mi è venuto, non è stato correre fuori e non è stato di rabbia contro l’ente gestore che non pulisce, ma è andato alle centinaia di persone che ogni giorni lo percorrono.

E’ stato un pensiero di vivo stupore nei confronti della noncuranza con la quale quotidianamente dirigenti e impiegati pubblici, insegnanti, amministratori, politici e gestori della macchina pubblica, che ogni giorno attraversano quel sottopasso non ne facciano una questione personale.

Passano di lì ogni giorno trattenendo il fiato e lo sguardo, ma quel sottopassaggio non è loro. Evitano il sottopassaggio perché tanto al mattino presto si può godere dell’aria fresca attraverso le larghe corsie vuote senza auto e perché quel sottopassaggio non è dei fortunati che possono evitarlo. Mi sono chiesta che paese è un posto dove chi ha in mano la res pubblica, la gestisce in questo modo? Che persona può essere una che riveste un ruolo di responsabilità collettiva, ma non pensa che sia anche suo un servizio pubblico? Che persona può essere una che sapendo che il collega non fa il suo dovere reca danno alla società, non fa nulla? Non dice nulla, non commenta nulla, non prova a fare nulla.

Un solo pensiero è stato chiaro come un lampo: SIAMO IN MANO A DEGLI IRRESPONSABILI! Tutti dalla punta decisionale all’ampissima base esecutrice. Una grossa quantità di gestori del pubblico che non fa il minimo sforzo per migliorarsi e migliorare.

Una grossa folla di irresponsabili che si gode i diritti, i privilegi, più o meno grandi, più o meno piccoli, più o meno assoluti, più o meno legittimi, ma che poi … poi nemmeno guarda a quello che può fare per migliorare il posto in cui vive.

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